QUELLO CHE HO IMPARATO

Siamo agli sgoccioli di questa stagione, la prima seria per me nella multidisciplina. Non perdo tempo per raccontare quanto mi sia piaciuta, del resto devi per forza amare questo sport altrimenti non dureresti una settimana.

Voglio soffermarmi però su quello che più mi ha sorpreso in questi mesi, la grande lezione della quale ho fatto tesoro: accettare che qualcuno ti batta. Forse per molti di voi non è una grande scoperta ma per me, che vengo dal calcio, è qualcosa di estremamente nuovo. Non significa arrendersi e non lottare, significa accettare la superiorità di qualcuno consapevole di aver dato tutto quello che potevi dare. Nel calcio non è così, ho sempre vissuto la rivalità con avversari e compagni in maniera molto accesa rendendo le partite sempre nervose, questo succedeva perchè il risultato di una partita dipendeva da fattori che non potevo controllare e la cosa mi rendeva rabbioso, alla fine di ogni partita ci sono sempre un sacco di “se” e un sacco di “ma”.

Ora è tutto diverso: quando in fondo al rettilineo di arrivo vedi quell’arco colorato con il cronometro appeso tutta la fatica svanisce e quando finalmente arrivi e sei consapevole che di più non potevi fare non resta che complimentarti con chi è arrivato prima di te, anche se si spera siano sempre il meno possibile, magari nessuno! L’unico fattore che determina l’andamento della tua gara sei tu (forature e guasti meccanici a parte), non ci sono “se”, non ci sono “ma”, sei sempre tu contro te stesso e questo è estremamente stimolante. Se qualcuno ti batte è semplicemente perchè quel giorno era più forte, è un dato di fatto e come tale va accettato senza recriminazioni.

Per me è questo quello che rende grandioso questo sport, teoricamente si è tutti avversari ma non ricordo di aver visto una lite, la rivalità finisce col finire della gara e ricomincia alla gara seguente sempre con estrema correttezza e lealtà. Tutto questo nel calcio non esiste, l’ho vissuto per 20 anni e non è mai stato così, addirittura non esultavo quando un mio compagno diretto concorrente nella classifica marcatori segnava. Forse ho sbagliato io in tutti questi anni ma è certo che la rivalità in questo sport è qualcosa di malato, rovinato da allenatori, tifosi e giocatori.

Ho imparato di più in un anno di triathlon che in venti di pallone, vorrà pur dire qualcosa!

 

un abbraccio a chiunque leggerà queste poche parole.

 

 

– A. Comai

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NON SONO UN ATLETA

NON NASCO TRIATLETA, anzi, non nasco nemmeno atleta! A 6 anni comincio a praticare calcio come la maggior parte dei bambini della mia età. Questo sport mi appassiona e lo pratico fino a 23 anni togliendomi piccole soddisfazioni e giocando a buoni livelli ma odio che la mia prestazione debba dipendere da quella di altre dieci persone così, poco a poco, me ne allontano.

Nel corso della mia adolescenza coltivo svariate passioni: il calcio appunto, dai go-kart alla musica, passando per allenamenti estenuanti in palestra, le discoteche e lo studio che và così così. In tutto questo non riesco a trovare qualcosa che mi identifichi, non sono ancora abbastanza maturo per trovare il filo conduttore al quale tutti questi hobby così lontani tra loro si riconducono; col passare degli anni però trovo la risposta che cercavo: SUPERARE IL LIMITE. Ai più potrebbe sembrare una sciocchezza, il capriccio di un ragazzino, in realtà credo ci sia qualcosa di estremamente filosofico in tutto questo.

Trovo nell’atletica un ulteriore modo per misurarmi con me stesso, ma mi avvicino ad essa quasi per scherzo. Comincio col fare alcune gare di corsa con amici, al termine di ognuna di esse avverto una fortissima sensazione di benessere, più mentale che fisico. Per la verità non sono (o non ero) propriamente lo stereotipo dell’atleta, ma questo lo avevate già capito dal titolo di questo articolo: vita sregolata, sigarette a non finire, qualche buona birretta ogni tanto e pasti non del tutto salutari facevano di me tutto fuorché uno sportivo. Alcuni amici quando mi vedono mi ricordano che durante la preparazione atletica estiva per il calcio amavo nascondermi dietro i cespugli pur di saltare qualche giro di campo, altri mi ricordano che le uniche maratone che facevo erano quelle ai banconi dei bar!

Cosa è cambiato quindi in questi anni? Non esiste una risposta precisa, posso però raccontarvi un simpatico aneddoto che narro a tutti quei miei amici che parlano ancora di cespugli, sigarette e serate da incorniciare, dovrei aprire un blog anche su queste ultime effettivamente… ma questa è un’altra storia.

 

Quando: Natale 2012; Dove: in macchina; Con Chi: la mia ex morosa.

Parlando del più e del meno e di quanto avessi mangiato in quei giorni ai vari pranzi parentali lei se ne esce con una frase del tipo: “ti vedo che stai ingrassando, sembri anche meno attraente, dovresti riprendere a fare sport”. Il messaggio era chiarissimo e il mio orgoglio estremamente ferito. In quel periodo avevo completamente mollato il calcio per dedicarmi esclusivamente a playstation e uscite con amici. La sera stessa uscii di casa a mezzanotte per abbozzare un ridicolissimo tentativo di corsa, non avevo con me alcuno strumento per la misurazione della velocità ma la mia stima di una media ampiamente al di sopra di 6’30″/km per un totale di circa 2,5 km credo sia abbastanza veritiera.

Da quel momento iniziò una vera e propria ossessione per lo sport, ogni volta che uscivo a correre dovevo battermi, avevo un fuoco dentro e l’unico modo per spegnerlo era correre, correre, correre. Quello che provavo al termine di ogni sessione di allenamento o gara era impagabile, il mio cervello raccoglieva migliaia di informazioni e migliaia di sensazioni, passavo ore e ore a leggere tabelle di allenamento e guardare video per poi mettere in pratica. Tutto questo non bastava più, avevo bisogno di altro, avevo bisogno di qualcosa che mettesse a dura prova il mio fisico e la mia mente. E’ così che a fine 2014, dopo aver rotto con la morosa perchè praticavo troppo sport (il colmo eh?), iniziai a dedicarmi e ad allenarmi in tre diversi sport: nuoto, bici, corsa.

Solo ora, nel 2016, ho deciso di fare parte di una vera e propria squadra di triathlon. Non ambisco alla vittoria sugli altri, anche se essa è estremamente piacevole; ambisco a battere me stesso prima di tutto.

 

A. Comai

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